0.5 CARI LONTANI VICINI… Capraro

Pubblicato da Alice Valente Visco il

Reportage di Alice Valente Visco

0.5 CARI LONTANI VICINI…

CAPRARO

Luana, infermiera in Ospedale

Luciano, informatico temporaneamente in smart working

Sara, studentessa di Giurisprudenza

18 Aprile

Sara mi avvisa quando Luana, sta salendo. Esco, cambio scala e prendo l’ascensore per precederla così da aspettarla sull’androne e fotografarla dall’alto. Sta arrivando, mi sembra sovrappensiero. Scatto la foto, dal modo in cui spalanca gli occhi, deduco che non mi aspettava lì, me ne vergogno un poco, ma poi capisco che Sara deve averlo fatto per consentirmi di coglierla nel modo più spontaneo. Immagino quanto possa significare per lei in questo periodo il volto della madre che ritorna dal lavoro d‘infermiera di un ospedale romano seppur non di un reparto di ricoverati da Covid-19. Luana lascia le ciabatte verdi fuori della porta ed entra. Per il ritratto di famiglia sull’uscio c’è un controluce che non mi sembra dare risultati interessanti. Torno nel pomeriggio con Ciuffetto.

Da un po’ di tempo, fra impegni e ritmi veloci, nei nostri incontri “da androne”, ci lanciavamo segnali di reciproca simpatia. La scintilla più forte è stata innescata dal piccolo ammaliante Ciuffetto che sa conquistarsi sempre un affetto festoso e generoso. Ed è nell’aria un forte bisogno di scambiare e raccontarsi. Ci scopriamo pian piano affini e desiderosi da entrambe le parti di un’ideale famiglia allargata.

Tutto questo per giustificare in parte il fatto che, appena al secondo appuntamento di reportage, trasgredisco la regola che mi ero imposta di non varcare mai la soglia. Del resto ogni ricercatore che si rispetti sa che qualsiasi progetto deve prevedere un buon margine di elasticità e capacità di adattamento alle circostanze.

Luana mi rassicura comunque di essere attentissima e di tenersi sempre pulita e disinfettata e così lasciamo Ciuffetto in un’eccitatissima perlustrazione della casa. Si dirige subito verso il telefono col filo da cui già una volta ci ha fatto credere con spassosissimi mugolii di fare una chiamata alla nonna molisana. Come gli altri bambini, non ha più messo piede in case d’altri dall’inizio del grande fermo. E’ in preda a un’estasi fuori controllo e lo lascio nelle mani dei nuovi amici che ci giocano a turno. Sono questi i momenti in cui penso agli angeli mandati da mia madre. Non è detto che ci si debba investire del gravoso ruolo di angelo ogni giorno, ma è tanto bello quanto realistico che si possa tutti diventare angeli, ogni tanto per qualcuno.

Ci sistemiamo in salone alla giusta distanza e, mentre sul tavolo accanto Luciano è in silenzioso smart working, comincio a parlare con Luana.

Dice di aver passato un bruttissimo periodo inziale in cui manteneva le distanze anche dentro casa.“Avevo il terrore di poter essere io un untore per loro. Ed è stato un colpo al cuore quando, mio marito mi ha detto che forse era meglio dormire separati.

In parte per me è difficile anche ritrovarci tutti e tre tanto tempo insieme. Io, per carattere, ho una necessità fortissima di scambiare con gli altri, anche solo due chiacchiere in fila dal panettiere. Non poterlo più fare mi ha tolto una boccata di libertà. A lavoro abbiamo ancora la pausa caffè, ma chiaramente a distanza e in modo più pacato. Senza una valvola di sfogo, divento più ansiosa e quando torno dal lavoro, mi preoccupo vedendo che mia figlia, dopo una mattinata di studio, è ancora in camicia da notte. Non può vedere nessuno proprio ora che dopo la fatica dei primi esami poteva rilassarsi e conoscere meglio i suoi compagni universitari. E poi sono stata preoccupata per mio marito temevo che l’Azienda potesse lasciarlo senza lavoro, in passato è accaduto e per un anno l’ha vissuta malissimo. Accettava con difficoltà anche che fossi solo io a mantenere la famiglia.

Un periodo come questo è più difficile da sopportare quando si vive isolati ciascuno nella propria casa e si ha anche la famiglia lontana. I miei sono in Puglia, sono un po’ preoccupata ma per fortuna hanno un buon vicinato che li aiuta. Che fa come stiamo facendo noi per altri qui. Penso tanto agli anziani, a come si debbano sentire, vedendo che fra loro ci sono le maggiori perdite”.

Le chiedo di sforzarsi di trovare qualcosa di positivo che intanto stia accadendo.“Il fattore ecologico: il mondo sembra essersi ripulito! L’aria… il senso di libertà, con le strade senza traffico, i cinguettii. Io stessa sto cambiando alcune cose, ad esempio pensavamo di comprare un giorno una macchina a Sara, ma ora pensiamo con più consapevolezza all’alternativa di una buona bicicletta.

Nel mio ambito lavorativo mi piacerebbe che alcune modifiche rimanessero anche per il futuro. Penso ad esempio al rispetto degli orari di visita e alle accortezze igieniche di chi entra ed esce. Penso a un miglioramento generale della sanità pubblica che deve essere garantita per tutti senza differenze di classe. Più ospedali e non solo durante la pandemia.

In questo periodo è anche bello sentire un senso di comunità maggiore fra la gente, anche attraverso il semplice gesto di affacciarsi tutti alle finestre per applaudire o esponendo il tricolore per il suo significato profondo e non solo per le partite di calcio”.

Luciano ha finito. Gli racconto di un’amica che ha apprezzato molto l’improvviso cambio del lavoro in modalità smart working, innanzitutto per il tempo libero che si recupera non dovendo impiegarlo per gli spostamenti fra casa e posto di lavoro.

“Anche a me piace, ma non tutti i giorni. Ho bisogno di uscire. Riflettiamo insieme sul fatto che avere tanto tempo libero, ancor più se inaspettato, può anche essere spiazzante se non si sa come impiegarlo. E c’è bisogno di cambiare spazio ogni tanto. Per fortuna c’è la terrazza condominiale”.

Già! La terrazza condominiale, già! Grazie per avermela ricordata. E’ così assurdo che in diciotto anni che abito qui non me ne sia ancora fatta dare la chiave d’accesso! Perché nella vita spesso si rimandano delle piccole soluzioni a portata di mano? Chissà quante gioie mancate solo per non aver chiesto una chiave che mi spetta di diritto. Tutto a un tratto questo possibile cambio di prospettiva mi si offre come un’ipotesi più affascinante di un viaggio all’estero.

Intanto Ciuffetto comincia a dare inequivocabili segnali di fame, affossando i dentini nuovi nuovi nella spalla della mamma. Rimandiamo le interviste.

25 Aprile

Quella della terrazza condominiale sarebbe potuta essere una postazione ottimale. Avevo pregustato un indimenticabile concerto di “Bella ciao” a 360° provenienti da tutte le direzioni. Niente di tutto questo almeno in questa parte della città, solo qualche bandiera, un lontano coretto sgangherato e qualche gabbiano.

Mi consola la famiglia Capraro con un bicchiere di spumante e una crostata fatta in casa per l’occasione. Poi riprendiamo.

Luciano lavora da venticinque anni in un’azienda informatica di quasi mille dipendenti.

Mi racconta che hanno messo a disposizione colloqui individuali con psicologi.

“Non mi piace che in questo periodo ci si trascura: pigiama-tuta, tuta-pigiama, anche nel fine settimana.

Dicono che ci insegnerà qualcosa, che ne usciremo migliori, ma non lo so, la gente tende a dimenticare per sopravvivere. Vorrei sbagliarmi, magari all’inizio…”

Cos’è che non va del nostro tempo qui? “Frenesia. Assenza di valori. Non avere tempo per le cose importanti”.

Il tempo, il grande protagonista di questa accadimento collettivo che ci ha preso tutti nella stessa rete.

E’ stata un’esperienza che ci ha insegnato a riflettere.

Personalmente non ho poi tanto tempo libero in più rispetto a prima. Per andare a lavoro impiego solitamente 15 minuti, prendo la macchina perché altrimenti devo affidarmi a due autobus e a tempi d’attesa imprevedibili.

Però è una grande cosa mangiare a casa con la famiglia anziché con chi magari non sempre ti trovi. A casa lavori meglio, più rilassato, scambi due chiacchiere, non hai vicino il collega che mette una musica che non ti piace. Anche se, noi siamo in otto in una stanza, le relazioni sociali con loro mi mancano.

Ho riscoperto i giochi a carte in famiglia. Poi un po’ di parole crociate. Come letture amo soprattutto la saggistica e le biografie, ma non leggo tanto. Quando stacco dal lavoro, verso le 18/18:30 voglio delle cose leggere. In vacanza ne sento di più il bisogno. Io poi, per carattere, lavoro sempre fino a quando non ho portato a termine quanto mi sono prefissato nella giornata così spesso rimango più tempo in ufficio[, non ricevo un riconoscimento per questo, sono l’unico a farlo e i miei colleghi spesso non mi capiscono. Ma io,] anche ora, lavorando da casa, finisco quando mi sento a posto con la coscienza.

Appena possibile riprenderò la mia bici. Un tempo qui intorno era tutto verde. Davanti alla nostra strada non c’erano asilo e mercato ma terreno e tutti gli anni si fermava il Circo. Ricordo quando prima degli spettacoli a me e altri bambini qualcuno da dentro ci faceva affacciare. Giocavamo a nascondino, con le biglie di vetro, a “mondo” con i gessetti. Le vacanze erano da Giugno a Ottobre. Ogni famiglia aveva due o tre fratelli. Fortunatamente non c’erano i telefonini, non sapevamo che ora fosse, si tornava a casa quando tramontava il sole.

Hai notato anche tu come in questo periodo si finisce volentieri a parlare del passato? Una maggiore consapevolezza della fragilità della vita, la solitudine, l’isolamento, un differente rapporto con il tempo e lo spazio ci rendono più introspettivi.

“Si, forse anche perché le nostre giornate sono meno piene di impegni e distrazioni.

 Ci soffermiamo con profondità sul nostro Chi siamo? Abbiamo desiderio di valorizzarci e dare valore alla nostra storia”.

Sara, vent’anni compiuti in un giorno di quarantena. Questa esile ragazza, che mi colpisce sempre per la rara delicatezza dei modi e un qualcosa nello sguardo di già profondamente maturo, inizia a parlare la sua solita mitezza d’altri tempi. “A livello personale, non sono troppo in difficoltà. Certo mi dispiace non poter veder gli amici, ma già dallo scorso autunno, con l’inizio dell’Università, ho cambiato la mia vita e l’organizzazione delle mie giornate per cercare di dare il massimo.

Per i miei studi di Giurisprudenza sto seguendo due corsi via web. Mi trovo bene, anche se mi mancano le lezioni con le altre persone. So che per molti è anche più comodo, penso a un’amica di Facoltà che viene tutte le mattine da Fondi. 

Anch’io penso tanto agli anziani. Ho visto in giro come molti siano diventati più diffidenti perché si sentono a rischio. La nonna marchigiana è relegata a Brindisi insieme a nonno Orso, mi piace e mi mette di buon umore, forse perché non ha troppo i piedi per terra.

Parlando con un’amica dicevamo che il momento ti porta a ripensare a cose passate. Ci siamo ricordate che un anno fa in questi giorni facevamo i 100 giorni e che alcune persone si erano comportate in modo scorretto, chissà se in questo periodo che ci obbliga a riflettere stiano anche loro rivedendo delle cose della loro vita. E’ un augurio che faccio a tutti noi. Che ci sia una presa di coscienza mondiale di ciò che abbiamo perso di vista. A cominciare dal problema dell’ecologia. Penso in questi giorni alle biciclette che spero tanto aumenteranno per le strade in sostituzione delle macchine.

Ci mettiamo a fantasticare insieme su un progetto urbanistico di cui si vocifera da anni e che potrebbe restituire una misura umana al terribile viale trafficato del nostro quartiere: linea del tram al centro, corsia ciclabile per tutto il viale….sarebbe tanto bello. Giorni dopo, Sara accompagna me e Ciuffetto per una distanziata passeggiatina. In un cortile che oggi appare disabitato più che mai, fra un tiro di pallone-arcobaleno e l’altro, il piccolo può capire che non tutti gli “altri” sono diventati improvvisamente delle maschere dagli occhi sfuggenti e impauriti e c’è chi prova ancora il piacere di sorridergli. A un tratto Sara mi dice: “Lo sai, ci ho pensato, c’è qualcosa di buono che vorrei proseguire anche dopo questo periodo: ho riscoperto l’immaginazione attraverso il disegno. E’ una cosa che in genere ti perdi nella vita più frenetica di prima. Ho ripreso in mano le matite per disegnare. Posso approfittare di questo tempo”. Giorni dopo mi mostra due bellissimi disegni dai colori molto vivi.


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