0.7 CARI LONTANI VICINI… De Cianni
Reportage di Alice Valente Visco

Matilde, casalinga
Eligio, operaio, giornata lavorativa ridotta

27 Aprile
La signora Matilde vive a via Macaluso con suo figlio Eligio. Vi sono arrivati con il resto della famiglia nel 1986 trasferendosi da un altro palazzo molto vicino.
Si sono rallegrati dell’intenzione di raccogliere testimonianze su questo periodo e sembra ne abbiano messo al corrente anche Orsetto che all’apertura della porta si fa avanti per primo, con quell’incedere lento a zigzag, tipico dei gatti quando vogliono valutare una situazione prima di farvi avvicinare i padroni. Mi esamina con due bellissimi occhi, uno marrone e l’altro verde, superato l‘esame, iniziamo. Matilde mi dice che le sue giornate non hanno subito grossi cambiamenti. “Sono sempre stata casalinga, mi occupo io della cucina e delle pulizie. Parlo con i miei nipoti con la video-chiamata. E poi bado ai gatti che sono giù. Abbiamo sempre avuto anche gatti in casa, sono stati otto in tutto, dal primo che portammo quando Eligio era piccolo, li abbiamo presi sempre randagi e tenuti con molta cura”.
Spesso incrocio la sua figura discretissima sul portone poco prima di pranzo, con una vocina sottile e squillante rivolge sempre una parola carina a Ciuffetto. Poi, minuta e agile dietro ad un carrellino della spesa, va a portare del buon cibo ai gatti che abitano dal lato opposto della strada.
“E ci siamo sempre presi cura anche di quelli randagi. Ho cominciato a curarmi dei gatti nel giardino della scuola qui di fronte, insieme ad un’amica. Poi il Comune ha riconosciuto la colonia e ci ha concesso questo spazio che mi preoccupo di tenere bene.”
Eligio commenta: “I gatti di casa, si rendono conto che sto fuori di meno e non salgono più sul mio letto. Io lavoro da tanti anni come operaio per una ditta presso il Ministero dello sviluppo economico come operaio. Mi hanno ridotto l’orario di lavoro a tre ore, per farmi fare qualcosa ora faccio anche le pulizie. Ma non mi hanno rinnovato il contratto. Prenderò la disoccupazione.
In questo periodo mi sono messo a fare un po’ di lavoretti manuali per casa e a sistemare pratiche che sempre rimandavo.
Per me, questa situazione che stiamo vivendo è: privazione di libertà, c’è poco da dire. Se lo decidi tu è un conto, ma se te la tolgono, senti subito che devi e vuoi fare mille cose. Davvero la libertà non ha prezzo”. A questo punto, preceduta da un lungo miagolio, si affaccia anche Chicca, vent’anni (mi dicono equivalenti ai novantasei degli umani) portati benissimo.
“Non soffro troppo la solitudine perché tutti i giorni sento gli amici, anzi sto in troppi gruppi e ogni tanto mentre sto facendo una cosa, sento un bip e penso: rieccoci! A volte non ne posso più e lo lascio un po’ distante.
Non possiamo andare avanti così, l’essere umano è fatto per socializzare, bar, pub, ristoranti, e poi innanzitutto penso ai bambini! Devono pensare a un modo per farli giocare, la socializzazione per loro è tutto, formano il carattere. Non capisco perché, per far tornare i bambini a scuola, non fanno semplicemente il prelievo del sangue per vedere se il corpo sta producendo anticorpi per combattere il Covid.
Il mondo non riprenderà come prima, ci saranno interminabili file da fare anche solo per andarti a comprare una maglietta.
Penso ai tanti che rimangono senza lavoro. Se non guadagno, non spendo…e le fabbriche produrranno di meno.
Sono critico riguardo al modo con cui vengono date le informazioni, sempre contrastanti, con il risultato unico di seminare panico”.
Gli dico che mi rendo conto, anche se personalmente, come anche molti miei amici…non ho la televisione in casa. Preferisco informarmi seguendo solo alcune fonti che scelgo, riducendo così di molto la confusione che l’eccesso di notizie può generare.
Non hai la tv??? Non riesco a immaginarmi una casa senza tv. E’ una compagnia durante il giorno, la tieni accesa, ogni tanto guardi. Se mi dici che non hai neanche il telefonino ti tolgo il saluto –scherza.
Mi ritorna alla mente un’interessante corto teatrale in cui la televisione era rappresentata e divinizzata nei panni di una ragazza costretta a stare immobile su un tetto per captare il segnale…
Matilde mi racconta di essere molto credente e di pregare molto in questo periodo. Approfondendo, scopro che la sua fede è stata rafforzata da alcuni fatti di famiglia. “Ho un nipote vice-vescovo di Nocera. E poi un cugino –oggi medaglia al valore per la Resistenza- che si sacrificò nel ‘44 per salvare un gruppo di confratelli presi in ostaggio, si chiamava Don David Berrettini.
La mia speranza dopo questo periodo è che ci vogliamo tutti più bene con sincerità. Oggi c’è troppo egoismo. E ci vuole più rispetto per gli anziani”.
E la speranza di Eligio? “Bè, dove c’è economia si sta bene, e in genere dopo le guerre l’economia schizza. Lo sviluppo si porta automobili e inquinamento ma porta anche benessere. Pensa questa epidemia se non ci fosse stato il progresso di oggi. Avrebbe fatto una strage. – Dopo una pausa – oppure potrebbe essere una malattia del progresso, ma il progresso ci vuole. Basta pensare a quanto è diventato necessario il telefonino. Se esci di casa senza soldi non è così grave, ma se dimentichi a casa il telefonino, sicuramente torni indietro a prenderlo. Quindi, io spero che torni tutto esattamente com’era prima. Bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno”.
Con l’effetto di un piccolo cortocircuito dato dalla diversità dei contesti, mi balzano alla mente le parole che Tomasi di Lampedusa affida al personaggio di Tancredi ne Il Gattopardo “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
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